29 nov 2019

SCOPRI I PROGETTI TELETHON A FAVORE DELLA DISTONIA





Cos'è e come si manifesta la distonia?

La distonia è una malattia caratterizzata da un’iperattività involontaria e prolungata di alcuni muscoli, che può interferire più o meno pesantemente con lo svolgimento di normali attività. Può riguardare qualsiasi gruppo muscolare: muscoli del volto, del collo, degli arti o del tronco si contraggono in modo involontario e prolungato, anche per decine di secondi. Nel 90% dei casi le distonie sono primarie, mentre solo in casi più rari (10%) sono la conseguenza di altri fattori, come lesioni cerebrali, trattamento cronico con particolari farmaci (per esempio i neurolettici), malattie neurodegenerative genetiche come la corea di Huntington. Le distonie primarie si distinguono in due gruppi, a seconda dell’età di insorgenza. Le forme infanto-giovanili, come per esempio la forma dopa-sensibile, si manifestano entro i 20 anni e sono spesso generalizzate a tutto il corpo. Le forme adulte, invece, riguardano di solito solo uno o pochi gruppi di muscoli (per esempio del collo, delle palpebre, di un arto superiore, delle corde vocali, ecc.) oppure pochi gruppi vicini



PROGETTI FINANZIATI 

Parkinson, Corea di Huntington, distonie. Il ruolo degli alimenti nella genesi dei disturbi neurologici


Milano, 21 ottobre 2019 

A cura del prof. Roberto Eleopra, vicepresidente SIN e UOC Neurologia 1 – Parkinson e Disordini del Movimento, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta Milano

Il ruolo della prevenzione è rilevante nel caso delle malattie neurologiche del sistema extrapiramidale, quali Parkinson, Distonie, Corea, ecc. Queste possono manifestarsi come rallentamento nei movimenti (forme ipocinetiche, quali il Parkinson) o movimenti del corpo eccessivi (forme ipercinetiche, quali distonie o tremori).

La prevenzione è soprattutto basata su una diagnosi precoce della malattia, che talora compare lentamente in età infantile o giovanile, così da evitare le disabilità successive. Ma la prevenzione passa anche attraverso una accorta e sana alimentazione ed un esercizio fisico e allenamento costanti. Rilevante è poi un “corretto nutrimento del cervello”, da intendersi come ‘intellettuale’, per prevenire l’invecchiamento cerebrale.

Al riguardo, gli esperti identificano quegli alimenti che possono avere un ruolo nella genesi dei disturbi neurologici o che possono incidere negativamente su condizioni preesistenti. Nella Malattia di Parkinson, ad esempio, i pasti, specie se ricchi di proteine, possono interferire sia con l’assorbimento dei farmaci (es.: Levodopa), sia con il loro ingresso nel cervello, contribuendo alla diminuita efficacia della terapia. Per la malattia di Parkinson vi sono numerose evidenze per ritenere importante l’uso di una dieta prevalentemente vegetariana a basso contenuto proteico.

Continua a leggere.....

Fonte : DI  · 21 OTTOBRE 2019

25 giu 2019

Riprogrammazione cellulare, individuato l’enzima che permette il «cambio di identità» delle cellule. Passi avanti anche nella conoscenza della genesi della distonia



Il processo con cui si definisce l’identità cellulare, grazie al quale cioè le cellule acquisiscono la loro forma e funzione, è non solo un tema di basilare importanza in biologia ma anche il focus centrale della medicina rigenerativa, che punta a rimpiazzare tessuti malati partendo da altre cellule dello stesso paziente.
Negli ultimi quindici anni, numerose scoperte in questo campo hanno cambiato il paradigma di riferimento. 


Oggi sappiamo che basta orchestrare l’attività di pochi geni, chiamati fattori di trascrizione, i quali agiscono a loro volta come interruttori sul coordinamento di molti altri geni, per riportare ad esempio una cellula della cute allo stadio staminale embrionale oppure convertirla direttamente in neurone.


La riprogrammazione

Proprio quest’ultima applicazione, descritta per la prima volta nel 2010, ha aperto la possibilità di riprogrammare (o più precisamente transdifferenziare) i fibroblasti, cioè le cellule di supporto della pelle, in neuroni, funzionali e comparabili a quelli in vivo, il tutto in appena 2 settimane e senza neanche passare dallo stadio di staminale. Il meccanismo che presiede questo radicale cambio di identità è rimasto fino ad oggi ignoto: pur conoscendo i fattori necessari a innescare il processo, non si conosceva il modo con cui questo potesse poi effettivamente dipanarsi così da trasformare appunto una cellula della pelle in un neurone maturo. Durante il transdifferenziamento è infatti necessario un massiccio rimodellamento epigenetico, in quanto fibroblasti e neuroni, derivando originariamente da strati differenti dell’embrione, mantengono configurazioni della cromatina completamente diverse.



20 nov 2018

IL DISALLINEAMENTO DELL'ATLANTE E' UNA POSSIBILE CAUSA?




Aggiungo una breve nota da semplice paziente con Distonia Generalizzata.
Ho fatto TAC SPECIFICA per verifica ATLANTE,
Risposta?
Ho saputo solo come stà la mia cervicale!

14 nov 2018

Psicoterapia cognitivo comportamentale


Cos’è la psicoterapia cognitivo comportamentale

Ansia, depressione, rabbia, colpa, vergogna, sono emozioni che proviamo quotidianamente. Quando le emozioni sono troppo intense o durature rispetto alla situazione nella quale ci troviamo, possiamo considerare l’eventualità di avere un problema emotivo e quindi di aver bisogno di una valida psicoterapia cognitivo comportamentale.


Per esempio, se una discussione con qualcuno ci fa star male per alcuni giorni, se piccoli difetti nelle cose che facciamo ci fanno sentire delle nullità, se compiere attività quotidiane, come fare la spesa o parlare con i colleghi di lavoro, genera un’ansia intollerabile, siamo probabilmente di fronte ad un disagio psicologico che può richiedere un intervento professionale.

La Psicologia, fin dagli albori, si è occupata dei problemi emotivi con risultati non sempre entusiasmanti. Soltanto in questi ultimi anni possiamo realmente affermare di possedere una serie di procedure rigorose e scientificamente valutabili (e valutate!) per il loro trattamento.
Un più efficace approccio alla gestione dei problemi emotivi coincide con la comparsa e la diffusione, nel mondo della psicologia, della psicoterapia cognitivo comportamentale negli anni Sessanta. Tale approccio postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come molti dei nostri problemi (tra i quali quelli emotivi) siano influenzati da ciò che facciamo e ciò che pensiamo nel presente, qui ed ora. Questo vuol dire che agendo attivamente ed energicamente sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti attuali, possiamo liberarci da molti dei problemi che ci affliggono da tempo. La psicoterapia cognitivo comportamentale (PCC) sta quindi assumendo il ruolo di trattamento psicologico d’elezione per la stragrande maggioranza dei problemi psicologici e psichiatrici, spesso con efficacia nettamente superiore agli psicofarmaci.
Indicazioni della psicoterapia cognitivo comportamentale

La psicoterapia cognitiva e comportamentale una disciplina scientificamente fondata, la cui validità è suffragata da centinaia di studi, principalmente, ma non solo, per la diagnosi e la cura in tempi brevi di:

Depressione e disturbo bipolare;
Ansia, fobie, attacchi di panico e ipocondria;
Ossessioni e compulsioni;
Ansia o preoccupazione generalizzate;
Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, etc.);
Stress, disturbi psicosomatici e cefalee;
Disfunzioni sessuali (eiaculazione precoce, anorgasmia, etc.);
Abuso e dipendenza da sostanze (alcool, droghe, etc.);
Disturbi della personalità;
Insonnia e altri disturbi del sonno;
Difficoltà a stabilire e mantenere relazioni sociali e comportamento impulsivo;
Problemi di coppia;
Difficoltà nella scuola o nel lavoro;
Bassa autostima.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale, come suggerisce il termine, combina due forme di terapia estremamente efficaci:

La terapia comportamentale: aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione. Aiuta inoltre a rilassare mente e corpo, così da sentirsi meglio e poter riflettere e prendere decisioni in maniera più lucida.
La terapia cognitiva: aiuta ad individuare certi pensieri ricorrenti, certi schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle forti e persistenti emozioni negative che vengono percepite come sintomi e ne sono la causa, a correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere della persona.

Quando sono combinate nella psicoterapia cognitivo comportamentale, queste due forme di trattamento diventano un potente strumento per risolvere in tempi brevi forti disagi psicologici.
Sviluppi recenti della psicoterapia cognitivo comportamentale

Negli ultimi anni la classica psicoterapia cognitivo comportamentale si è arricchita di alcuni sotto-approcci specifici, che hanno preso sempre più piede grazie alle prove scientifiche di efficacia, quali l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Schema Therapy, la Dialectical Behavior Therapy (DBT), la Terapia Metacognitiva, la Compassion Focused Therapy (CFT), l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), la Psicoterapia Sensomotoria e le terapie basate sulla Mindfulness (MBCT, MBSR).
Caratteristiche della psicoterapia cognitivo comportamentale

La terapia cognitivo-comportamentale (PCC) è:
Pratica e concreta. Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e cosi via.
Centrata sul “qui ed ora”. Il ricordo del passato, come il racconto dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli. La psicoterapia cognitiva e comportamentalequindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause. Essa è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato.
A breve termine. La psicoterapia cognitivo-comportamentale è a breve termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito. La durata della terapia varia di solito dai sei ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.
Orientata allo scopo. La psicoterapia comportamentale e cognitiva è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento. Il terapeuta cognitivo-comportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti.
Attiva. Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia cognitivo comportamentale. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta volta. In terapia comportamentale e cognitiva il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta “psico-educativo”. Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista.
Collaborativa. Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. La psicoterapia cognitivo comportamentale è infatti una psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza.
Scientificamente fondata. È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico. E’ stato dimostrato che la psicoterapia cognitivo comportamentale è efficace almeno quanto gli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute.

Fonte https://www.ipsico.it/terapia-cognitiva-comportamentale/: